«Oggi è importante promuovere una migliore comprensione dell'arte contemporanea da parte del pubblico, insieme ad una formazione migliore per gli artisti futuri, e dare impulso alla vita culturale e al dibattito in corso.»
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«Credo che l'artista non possa chiudersi in una torre d'avorio e anzi debba essere coinvolto e proiettato nella società: è un problema etico che ho sempre sentito. Da questa consapevolezza nasce l'idea di una mia Fondazione.»
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«Qualunque sia il contesto teatrale, per me lo spazio scenico deve soprattutto mettere in evidenza un'operazione inventiva nuova che perlopiù consiste nell'ideare una macchina scenica con effetti agili e con movimenti aerei, per dare una varietà dello spazio e una molteplicità di lettura.»
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«Non mi interessa una scenografia illustrativa o celebrativa; il compito dello scenografo, infatti, è quello di "mediare" visualmente il testo con inventività e fantasia per un nuovo pubblico in un altro e diverso periodo storico.»
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«Quando progetto le scene e i costumi dei diversi spettacoli presto sempre grande attenzione alle riflessioni e ai problemi che pone il testo, con tutte le connesse interpretazioni e significazioni culturali. Cerco di usare la forza dell'astrazione per trascrivere nel linguaggio visivo, il linguaggio letterario, verbale o musicale del testo stesso.»
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«L'esperienza teatrale mi ha aperto nuovi orizzonti, mi ha stimolato a sperimentare nuovi approcci e nuove idee nell'ambito della scultura stessa, in particolare per le opere di grandi dimensioni.»
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«Il giardino è specchio della società e del rapporto con la natura; ed è insieme uno spazio mitico, dove con più fantasia e libertà è possibile la collaborazione tra artista e architetto.»
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«La trasformazione della città, che non realizza più negli edifici il processo storico-stilistico, ma si decentra e talora viene resa spettacolare, investe l'architettura ancora più che le altre arti.»
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«Ho avuto modo di lavorare con grandi architetti e debbo riconoscere che negli anni Sessanta e Settanta, fino alla metà degli anni Ottanta, c'era molta più collaborazione: l'architetto aveva un suo ruolo, si confrontava con l'artista.»
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«Nell'arredo urbano è fondamentale, a mio avviso, l'intervento artistico. Ciò richiede un lavoro di integrazione tra architetto e scultore, interessante e di stimolo reciproco, ma anche complesso e problematico.»
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«Per me la massima aspirazione è quella di avere come ambiente, per le mie opere, l'aperto, la gente, le case, il verde. Sono perciò contento che molte mie sculture siano collocate in importanti piazze del mondo e in luoghi significativi, come il piazzale delle Nazioni Unite a New York, il cortile della Pigna dei Musei Vaticani a Roma o ancora la sede della Casa Editrice Mondadori di Segrate, progettata da Oscar Niemeyer. Ma oggi risulta sempre più difficile collocare opere davanti agli edifici; infatti l'architettura stessa sembra spesso gareggiare con l'opera d'arte contemporanea.»
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«La scultura, quando trasforma il luogo in cui è posta, ha veramente una valenza testimoniale del proprio tempo, riesce ad improntare di sé un contesto, per arricchirlo di ulteriori stratificazioni di memoria.»
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«Generalmente non sono io a scegliere i luoghi dove posizionare le mie sculture, che spesso mi vengono indicati dalla committenza, ma la collocazione di una scultura in un determinato luogo richiede sempre attenzione e studi approfonditi sul rapporto scultura-spazio circostante.»
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«Per le sculture di grandi dimensioni, i cui costi di realizzazione sono molto elevati, lavoro su commissione. Ma, qualunque sia stata la committenza, ho sempre potuto esprimere la mia inventività liberamente. Prendo in esame ogni aspetto del luogo dove l'opera deve essere collocata con foto, rilievi e prove dimensionali e spaziali. Oltre allo studio sulle proporzioni, cerco di trattare i temi - la libertà, il potere, la poesia, la condizione umana, ecc. ecc. - cui l'opera si deve riferire, evitando ogni carattere banalmente rappresentativo.»
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«Mi considero un buon lettore, anche se gli impegni di lavoro mi impediscono di leggere quanto vorrei. La lettura non solo è stimolante, ma direi determinante per il mio lavoro. I più importanti poeti italiani, quelli che erano stati i miei miti di ragazzo di provincia, divennero a Milano presenze concrete, amici carissimi: Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli. In seguito avrei incontrato - grazie all'attivissima amica Fernanda Pivano - i protagonisti della Beat generation, a cominciare da Allen Ginsberg e Gregory Corso.»
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«Quando lavoro a un libro d'arte mi confronto continuamente con il testo in modo che si crei unità tra scrittura e segno.»
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«Sulla carta disegno poco, il mio disegno lo faccio nella terra: fatti gli schizzi e fissate le intuizioni, passo subito alla loro realizzazione concreta.»
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«Ho sempre subìto un grande fascino per tutti i segni, soprattutto quelli arcaici. Anche la scrittura mi ha attratto, dai segni primordiali nelle grotte, alle tavolette degli Ittiti e dei Sumeri, tanto che ho dedicato una mia opera, Ingresso nel labirinto, a Gilgamesh, che è il primo (2000 a.c. circa) grande testo poetico e allegorico sull'esperienza umana. Le impronte che scavo, irregolari o fitte, nella materia artistica, i cunei, le trafitture, i fili, gli strappi, mi vengono inizialmente da certe civiltà arcaiche.»
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«Per me l'opera è sempre in relazione ad ambienti (contesti) concreti che ho visto, visitato e conosciuto. Così, alcune mie sculture che si richiamano alla natura non sono collegate ad un'idea essenzializzata ed astratta di natura, ma alla concretezza del paesaggio e dell'ambiente.»
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«Noi artisti siamo dotati di una particolare sensibilità nell'assorbire e nell'esprimere quello che ci sta attorno, a volte senza nemmeno capire dove si può arrivare.»
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