«Ho sempre inseguito il mito della sconfitta, cercando dentro di lei la possibilità di aver vinto comunque. Da qui il valore del podio e dei suoi gradini apparentemente diversi, da qui il fascino dell'argento, da qui il valore del secondo. Arrivare secondo è un atto di coraggio, significa ammettere il proprio limite, significa avere uno stimolo eterno a correre dietro il primo. Significa essere piccolo, ma più incombente nei confronti del primo, perché gli starai sempre col fiato sul collo, e nei confronti del terzo, che se è terzo lo è perché ha il mito di arrivare primo.»
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«Per molto tempo ho giocato a pallacanestro: è un gioco di squadra in cui si lavora per il gruppo, tutti al servizio di tutti. Mi ha insegnato il rispetto per gli altri e il sacrificio per gli altri. Il che significa che finché vedo che il ruolo che avrei potuto fare lo ha fatto un attore bravo va tutto bene. Se invece l'attore non è bravo allora mi dà fastidio.»
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«Vorrei fare questo mestiere per sempre per poter arrivare a toccare tutte le corde possibili dell'animo umano, essere totalmente il personaggio a prescindere da me.»
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«Ci sono delle cose che mi piace di più fare, come i personaggi che parlano poco, che si tengono tutto dentro: perché ci sono ancora dei pudori che io come persona non sono riuscito a risolvere e questo tipo di ruolo mi permette di nascondermi, di non rivelare troppo.»
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«Non nascondo che mi piacerebbe interpretare un tipo buono, magari anche un po' ottuso, che sorride sempre alla vita. Ma non lo scrivono, o meglio, non lo propongono a me. Quello sarebbe davvero un bel lavoro d'attore.»
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«Ce n'è voluto di tempo per smettere di vergognarmi a scrivere "attore" sui documenti. Perché è vero che sono egocentrico ma sono anche un timido. La razza peggiore, in costante contraddizione.»
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«Sono andato da Costanzo per liberarmi del peso di un anno particolare della mia vita. E anche perché sono egocentrico: volevo mettermi in mostra.»
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«Sono stato fortunato, ho sempre trovato dei registi che lavorano sulla sceneggiatura insieme agli attori prima di iniziare le riprese. Avendo fatto molte opere prime non ho mai incontrato registi presuntuosi.»
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«Come attore amo lo scambio e la discussione. Non ho mai avuto scontri forti intendiamoci ma mi è capitato a volte di non avere dei buoni rapporti con i registi dei film che giravo. Fondamentalmente rispetto molto ciò che pensa il regista, credo nella responsabilità individuale, mi fido e rispetto le sue scelte, anche se poi non le condivido.»
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«Ho sempre pensato che il mio mestiere fosse il risultato di questo tipo di lavoro: ovvero entrare in un progetto con un punto di vista e non fare solo quello che ti si chiede di fare, ma cercare di capire cosa si vuole realizzare, in quale direzione si deve andare.»
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«Il cinema è un lavoro corale, di squadra, il lavoro collettivo per antonomasia. Anche il gruppista secondo me ha una funzione sociale e artistica in un film.»
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«Realizzare il corto mi ha dato l'occasione di avere un'altra prospettiva, ha in qualche modo completato il mio modo di lavorare. Veder lavorare gli attori è stato come trovarsi in uno psicodramma: guardi altri fare il lavoro che di solito fai tu, mentre ne stai facendo un altro. Non penso di aver migliorato, ma ho assorbito cose che mi hanno reso più cosciente di ciò che è il mio lavoro.»
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«Fare il regista non vuol dire necessariamente smettere di fare l'attore.»
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«Non è sempre vero che dopo un corto c'è un lungo. Qui in Italia non è facile, gli incoraggiamenti produttivi sono pochi. Ho impiegato quattro anni per riuscire a realizzare il mio corto e non ci sono riuscito fino a quando non ci sono state le giuste contingenze. Girare un lungo è ancora più complicato anche se non è questo che mi ferma. Penso che la voglia di farlo verrà da sé, quando sarà il momento giusto per me.»
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«Recitare personaggi che non condivido è stata una mia caratteristica da sempre.»
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«Il regista l'ho fatto per vendetta. In modo deresponsabilizzante, facendo un corto anziché un lungo. Sapevo che tutti con il ricatto morale mi avrebbero detto di sì e avrebbero aderito. E' stata l'esperienza più divertente che io abbia mai fatto. Una sorpresa sconvolgente. E' stato una sorta uno psicodramma. Mi son visto chiedere delle cose a un attore e dall'altra parte ho visto la risposta. E' stato per me uno shock. E questo mi ha emozionato tantissimo… A me capita poco di emozionarmi nel fare l'attore.»
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«Il corto (il film cortometraggio) lo si può paragonare al calcetto... in fondo non rischi molto.. al massimo le ginocchia. Il lungo invece è come il calcio. Qui si che te la rischi.»
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«Molti dovrebbero lavorare per portare sullo schermo l'Italia di oggi, ce n'è molto bisogno e farlo in modo divertente può far passare meglio certi discorsi. Un film divertente può essere meglio accolto dal pubblico che può poi ragionare su quello che ha visto.»
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