Vincenzo Cardarelli

poeta, scrittore e giornalista italiano

 
Vincenzo Cardarelli, il cui vero nome era Nazareno Caldarelli, è stato un poeta, giornalista e letterato italiano. Nativo di Tarquinia, fu per sempre legato da un rapporto di odio e amore per la cittadina. Orfano di padre, afflitto da una menomazione al braccio sinistro spesso veniva affidato alla carità e alla cura di estranei. A Roma, si avvicinò agli ambienti socialisti iniziando una attività giornalistica che lo porterà alla redazione dell’ "Avanti!". Collaborò con la "Voce" il "Marzocco" e "Lirica", dove nel 1913 pubblica le prime poesie. Nel 1916 esce "Prologhi", una raccolta di brevissime prose. Nel 1919 fonda insieme ad altri la rivista "La Ronda".

Con "Villa Tarantola" Vincenzo Cardarelli vince il premio Strega. Visse nella povertà e nella solitudine morì nel 1959 all’Ospedale del Policlinico di Roma e riposa ora nel cimitero di Tarquinia.


I ricordi, queste ombre troppo lunghe del nostro breve corpo, questo strascico di morte che noi lasciamo vivendo.
 
data: 07/09/15 autore:

«Se oggi chiedi a uno di Tarquinia come le ragazze vengon su così colorite, al contrario di quel che accadeva una volta, ti risponderà additandoti la fontana. È l'acqua, è il miracolo dell'acqua che ha moltiplicato la popolazione e fatto rifiorire le guance di quelle giovinette che a tempo mio, in primavera, apparivano tutte un po' estenuate ed anemiche, e andavano a farsi le iniezioni in farmacia, quando non si limitassero, per pudore, a bere qualche ovetto, a mangiare qualche bistecchina e a trangugiare con disgusto un mezzo bicchiere di vino rosso.»

tag: tempo colori
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«Chiunque è nato in Maremma conosce vita, morte e miracoli della tarantola, ragno elegiaco e erraiolo, molto meno pericoloso di quel che la fantasia popolare farebbe credere.»

tag: vita miracoli
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«Fin da ragazzo ho amato le distanze e la solitudine. Uscire dalle porte del mio paese e guardarlo dal di fuori, come qualche cosa di perduto, era uno dei miei più abituali diletti. Piacere e terrore mi portavano in certi luoghi romiti, sacri alla morte, a cui però non pensavo se non per quel tanto che m'impediva d'inoltrarmi troppo in un così pauroso reame. Uscito da Porta Clementina, dove comincia la via del cimitero e delle tombe etrusche, la mia evasione, di solito, s'arrestava pochi passi più in là. Di rado mi spingevo fino a quella strana, disabitatissima villa, chiamata Villa Tarantola, che vede già il camposanto ed era allora per me un sito misterioso, enigmatico, evocante, nel suo nome, i velenosi ragni che danno il ballo di San Vito.»

tag: amore
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«Poesia potrebbe anche definirsi: la fiducia di parlare a sé stessi.»

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«L'idea che ci facciamo d'ogni cosa | è cagione che tutto ci deluda.»

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«Le mie giornate sono | frantumi di vari universi | che non riescono a combaciare. La mia fatica è mortale.»

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«Ispirazione per me è indifferenza. | Poesia: salute e impassibilità. | Arte di tacere. | Come la tragedia è l'arte di mascherarsi.»

tag: arte
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«Lenta e rosata sale su dal mare | la sera di Liguria, perdizione | di cuori amanti e di cose lontane.»

tag: amore
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«Io nacqui forestiero in Maremma, di padre marchigiano, e crebbi come un esiliato, assaporando con commozione precoci tristezze e indefinibili nostalgie. Non mi ricordo la mia famiglia, né la casa dove son nato, esposta a mare, nel punto più alto del paese, buttata giù in una notte come dall'urto di un ciclone, quando io avevo due anni appena.»

tag: famiglia
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«Così la fanciullezza | fa ruzzolare il mondo | e il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto.»

tag: saggezza
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«Dovevamo saperlo che l'amore | brucia la vita e fa volare il tempo.»

tag: amore vita
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«La vita io l'ho castigata vivendola.»

tag: vita
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«Autunno. Già lo sentimmo venire | nel vento d'agosto, | nelle pioggie di settembre | torrenziali e piangenti | e un brivido percorse la terra | che ora, nuda e triste, | accoglie un sole smarrito. | Ora che passa e declina, | in quest'autunno che incede | con lentezza indicibile, | il miglior tempo della nostra vita | e lungamente ci dice addio.»

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«Non so dove i gabbiani abbiano il nido, | ove trovino pace. | Io son come loro | in perpetuo volo. | La vita la sfioro | com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo. | E come forse anch'essi amo la quiete, | la gran quiete marina, | ma il mio destino è vivere | balenando in burrasca.»

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«Già di settembre imbrunano | a Venezia i crepuscoli precoci | e di gramaglie vestono le pietre. | Dardeggia il sole l'ultimo suo raggio | sugli ori dei mosaici ed accende | fuochi di paglia, effimera bellezza.»

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«Volata sei, fuggita | come una colomba | e ti sei persa là, verso oriente. | Ma son rimasti i luoghi che ti videro | e l'ore dei nostri incontri. | Ore deserte, | luoghi per me divenuti un sepolcro | a cui faccio la guardia.»

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«Felicità... ti ho riconosciuta dal passo con cui ti allontanavi.»

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«Il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto.»

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«Dovevamo saperlo che l'amore brucia la vita e fa volare il tempo.»

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«Ti porto in me, come il mare un tesoro affondato.»

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