«Il grande scrittore americano Ray Bradbury ha detto di guardare il mondo come una meraviglia, come una storia ininterrotta. È esattamente il mio sentimento nei confronti di ciò che tutti i giorni succede sotto i nostri occhi.»
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«Mi interessa il presente come un racconto la cui conclusione viene continuamente rinviata, un romanzo di grande suspense di cui sfuggono quasi sempre gli sviluppi, con un finale imprevedibile, la cui sola certezza è che qualunque cosa in ogni momento può accadere.»
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«La comunicazione di ciò che sta accadendo, il presente dovunque si verifichi, è l'essenza della televisione, tutto il resto sono accessori.»
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«Non sono credente, sono ateo; ma sono profondamente innamorato di Gesù.»
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«La prima esperienza significativa da giornalista è stata nel 1966, quando per la prima volta sono andato a vivere a New York. Scrivevo corrispondenze, soprattutto culturali, per il settimanale "L'Espresso", Mauro Calamandrei curava la parte propriamente politica. New York e gli Stati Uniti attraversavano allora una fase critica: Kennedy era appena stato ucciso, suo fratello Robert sarebbe stato assassinato di lì a poco durante la campagna presidenziale. Nel 1967 cominciava la rivolta dei "figli dei fiori" in California, con profonde modificazioni del costume che sarebbero arrivate anche in Europa. Si verificò in quegli anni un grande cambiamento di massa (riassunto nel movimento detto "il Sessantotto") al quale credo che noi italiani in particolare dobbiamo alcuni passaggi verso la modernità, per esempio la conquista del divorzio. Ritengo un privilegio aver visto da vicino la nascita di questi mutamenti.»
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