«Un sacco di gente, soprattutto questo psicanalista che c'è qui, continuano a chiedermi se quando tornerò a scuola a settembre mi metterò a studiare. È una domanda così stupida, secondo me. Voglio dire, come fate a sapere quello che farete, finché non lo fate? La risposta è che non lo sapete.»
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«Tornando da scuola ero solita sedermi in certi posti nascosti, segreti, e scrivere qualcosa sul mio quadernetto. Avevo quaderni per tutti quelli che chiamavo maghi e folletti. Per cui ritengo di scrivere da sempre. Credo che la brama, la ricerca di scrivere è sempre stata dentro di me.»
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«Impersonare un cattivo è anche un modo per esorcizzare certi fantasmi del passato, quando a scuola i miei coetanei mi picchiavano un giorno sì e uno pure, approfittando del fatto che ero piccolo di statura. Sullo schermo sembriamo tutti più grandi... i trucchi del mestiere funzionano benissimo.»
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«Noi siamo proclivi a considerare la scuola da un punto di vista individuale, come alcunché che si limita ai rapporti fra maestro e alunno, fra insegnante e genitore. Quel che ci interessa al massimo è naturalmente il progresso fatto da quel determinato fanciullo di nostra conoscenza, il suo sviluppo fisico, il suo profitto nell'abilità di leggere, di scrivere, di ritrarre, l'accrescimento delle sue conoscenze geografiche e storiche, il miglioramento nel suo modo di comportarsi, nelle abitudini di prontezza, di ordine, di diligenza.»
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«Mio padre è un medico illuminato che mi manda sms in latino maccheronico. Mia madre insegnava disegno e storia dell'arte. Io ero una adolescente un po' inquieta: mi ribellavo, scappavo di casa per andare alle feste, quelle robe lì. Eppure ho sempre frequentato le Orsoline. Anche Moana Pozzi andava a scuola dalle suore.»
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«A scuola andavo malissimo . Ho cambiato tre indirizzi: linguistico, ragioneria, istituto per il commercio. Poi, un giorno ho fatto uno spettacolo teatrale. Recitavo davanti a mille persone, sentivo l'odore del palcoscenico, vedevo il sipario, la luce rossa che si accendeva, avevo il cuore che mi usciva da petto. E' stato un colpo di fulmine. Ho detto: "Voglio fare l'attore".»
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«Bisogna distinguere tra i reality e i talent. Ai primi dico no, il messaggio è che per affermarti non devi saper fare niente. I talent show possono essere un mezzo per avere visibilità quando hai un sogno, ma bisogna stare attenti: la tv è un mezzo potentissimo, puoi essere lanciato e poi dimenticato, con grandi contraccolpi soprattutto per chi non è preparato, non ha anni di scuola e di sacrifici alle spalle.»
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«Se diventassi sindaco di una cittadina aiuterei la scuola e i servizi agli anziani. Il futuro e la memoria, i nostri patrimoni più preziosi.»
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«Nell'insegnamento, occorre essere particolarmente presente per anticipare, capire, ascoltare i problemi. Non bisogna lasciarsi andare ma rispettare l'ordine, l'autorità, le regole.»
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«Quando frequentavo il liceo mi svegliavo tutte le mattine alle 4, abitavamo lontano dalle piscine e per raggiungerle ci volevano due ore di viaggio. Per questo a 18 anni ho lasciato gli studi per allenarmi sul serio.»
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«Ritengo che la Verità sia una terra senza sentieri e che non si possa raggiungere attraverso nessuna via, nessuna religione, nessuna scuola.»
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«Quando avevo otto anni i miei genitori si sono separati. Sono rimasto con mio padre e i miei quattro fratelli, tutti più grandi. Ma io volevo mia madre. Anche se la odiavo per avermi abbandonato. Mi sono chiuso in me stesso, mi nascondevo da tutti, non parlavo più. Ma il vero momento di crisi è arrivato qualche anno più tardi. Mi sentivo sempre fuori posto: in famiglia, a scuola, all'università. Ero un ragazzo molto arrabbiato. Ce l'avevo con la vita, con mio padre, con tutto.»
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«Sono io soltanto incapace di fondare una scuola, oppure nessun filosofo può farlo? Io non posso fondare una scuola perché, in realtà, non voglio essere imitato. In ogni caso non da coloro che pubblicano articoli in riviste di filosofia.»
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«Ho iniziato gli studi di danza tardi, all'età di quattordici anni, e per questo ho fatto molti sacrifici per raggiungere il livello dei miei compagni di scuola.»
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«Fondamentale resta l'intuizione di Marco Biagi per cui ogni istituzione formativa dovrebbe dotarsi stabilmente di un servizio di orientamento, collocamento e monitoraggio - placement lo chiamano gli inglesi - come canale di dialogo permanente tra scuola/università e mondo del lavoro. Verrebbe così interrotta l'autoreferenzialità della funzione educativa.»
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«Per fortuna non sono mai andata a scuola, mi avrebbe sottratto un po' di originalità.»
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«Se la scuola non funziona, se è al collasso, come da noi, il cittadino maturo e consapevole non nasce. Poi c'è la crisi etica, che produce il capitalismo selvaggio, il supercapitalismo di cui parla Guido Rossi. E c'è una crisi di capacità cognitiva che ci fa perdere il controllo sulla realtà politico-sociale.»
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«Non ci possiamo riconoscere in un Paese dove la sicurezza è affidata a politicizzati che fanno gli sceriffi, gli immigrati sono trattati da criminali, non si investe nella scuola nell'università e nella ricerca, si invita a superare la crisi economica prendendola con allegria.»
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«Ho sempre considerato importante l'insegnamento, il rapporto con i giovani studenti, cercando di ristabilire il clima stimolante della bottega, dove insieme si può sperimentare e progettare.»
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